Brief sì, brief no: quando è utile incontrare un cliente e quando no

Brief sì, brief no quando è utile incontrare un cliente e quando no

Nel mondo della comunicazione, del design e dello sviluppo digitale, il brief è uno degli strumenti più importanti per iniziare un progetto. Serve a chiarire obiettivi, target, vincoli, budget e aspettative. Tuttavia, non tutti i brief sono uguali. Alcuni incontri con i clienti sono fondamentali, altri, invece, possono trasformarsi in una perdita di tempo – per entrambe le parti.

Quando è utile incontrare un cliente

Un incontro per il brief è utile quando si tratta di un progetto complesso o strategico, dove è importante instaurare un dialogo vero, non solo un passaggio di informazioni. Il contatto diretto permette di cogliere sfumature che difficilmente emergerebbero da una semplice email. I dettagli del tono di voce, le priorità non dette, le preoccupazioni del cliente: tutto ciò può emergere solo in un confronto umano.

È particolarmente indicato incontrarsi quando:

  • Il progetto è nuovo e non ci sono riferimenti pregressi.
  • Il cliente ha difficoltà a esprimere le proprie esigenze per iscritto.
  • Ci sono più stakeholder coinvolti e serve facilitare l’allineamento.
  • Il lavoro richiede interpretazione creativa, come naming, identità visiva, strategia di comunicazione.

In questi casi, l’incontro serve non solo a raccogliere dati, ma anche a costruire una relazione, capire la cultura aziendale del cliente, sondare il “non detto” e, soprattutto, fare domande mirate che chiariscano la direzione del lavoro.

Quando non è utile (anzi, è dannoso)

Non tutti i clienti sanno scrivere un brief, ma nemmeno tutti sanno esprimerlo a voce. Capita, purtroppo spesso, che l’incontro si trasformi in un elenco letto ad alta voce di cose da fare, magari stilato la sera prima in modo frettoloso.

In queste situazioni, l’incontro è sterile. Il cliente ti legge una lista come se tu non fossi capace di interpretarla da solo: “Home page, poi chi siamo, poi servizi. Ma mettiamo prima il banner, poi ci scriviamo ‘Benvenuti’, tipo grande. Poi… aspetta che leggo.” Il tutto accompagnato da una scansione del tempo che trasforma l’incontro in un monologo, non in un dialogo.

In questi casi:

  • Il brief potrebbe essere meglio gestito con una mail ben strutturata.
  • L’incontro diventa solo una formalità, senza reale scambio.
  • Si trasmette la sensazione che il professionista debba “eseguire”, non contribuire.
  • Il tempo impiegato è maggiore rispetto al valore informativo ottenuto.

Questo accade soprattutto quando il cliente non è abituato a lavorare con creativi o professionisti digitali e confonde il ruolo del brief con una to-do list.

Come capirlo in anticipo?

Ci sono segnali che possono aiutarti a capire se vale la pena fissare un incontro:

  • Il cliente ti chiede di vedervi “per spiegarti cosa deve esserci” ma non ha nessuna domanda da porti.
  • Ti invia già un documento con l’elenco delle sezioni del sito o delle funzioni, ma pretende comunque l’incontro.
  • Non c’è apertura al confronto: vuole solo “passarti le cose” e poi “sentire quanto costa”.

In questi casi, è legittimo proporre un’alternativa: chiedere di ricevere le informazioni scritte, e se necessario, proporre un follow-up mirato solo su eventuali dubbi o decisioni condivise.

Il brief è collaborazione, non dettatura

Il brief è un momento di collaborazione. Non è un ordine, non è una lettura ad alta voce. È una conversazione dove il cliente porta la visione, ma il professionista porta l’esperienza. Quando questo equilibrio viene a mancare, l’incontro diventa inutile.

Saper scegliere quando incontrarsi e quando no è una competenza che si affina con il tempo. Ma imparare a dire “Possiamo gestirlo via mail” è, a volte, la chiave per lavorare meglio – e anche per educare il cliente a un rapporto più efficace.

Fammi sapere cosa ne pensi.

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